Amministrazione condivisa, l’economia sociale per colmare i gap della povertà
L’amministrazione condivisa tra pubblico e privato nel Terzo Settore può essere una potente leva di crescita, dare spazio all’innovazione e costituire una dimensione di concretezza per i giovani. Purché venga utilizzata nelle modalità corrette. Questo quanto è emerso al panel “Terzo settore: la collaborazione tra pubblico e privato come leva di crescita” al Festival dell’Economia di Trento moderato dalla giornalista Maria Carla De Cesari.
Per Stefano Granata (Confcooperative), la Pa ha camuffato le gare d’appalto: “Non si è costruita una coprogettazione – ha detto –, ma la Pa ha costruito un trappolone. Noi dobbiamo pretendere di sederci con dignità a un tavolo di confronto con la Pa. Il lavoro del sociale non può essere retribuito meno di tutti. Servono competenza, professionalità, qualità. L’economia sociale è una nuova economia che nasce per colmare il gap del vivere comunitario. I livelli di povertà a cui stiamo assistendo tolgono i punti di riferimento. Dobbiamo evitare che vengano escluse le persone. Noi abbiamo un patrimonio. Le cooperative aggregano capacità, entusiasmo, valori. Giocare un protagonismo nuovo attraverso l’economia sociale. Questo è il nuovo terreno di gioco”.
Gabriele Sepio, avvocato e componente del Tavolo per l’economia sociale costituito presso il Ministero dell’Economia, ha aggiunto che “Dietro alla norma dell’amministrazione condivisa c’è un modello culturale, che prevede il passaggio dalla competizione alla collaborazione. Il dialogo tra Terzo Settore e Pa non è più prestazionale, ma un percorso di reciprocità. L’amministrazione condivisa è una palestra per arrivare alla definizione del Terzo Settore come capitale sociale delle istituzioni democratiche e la sua applicazione porterà nuovo valore all’economia sociale. Gli amministratori pubblici che coraggiosamente applicano questo modello hanno grande consapevolezza del suo valore”.
Interessanti le testimonianze di due Fondazioni che sono riuscite a trovare una via nuova di dialogo con la Pa per realizzare progetti di ampio respiro. La prima è stata raccontata da Laura Biancalani presidente della Bocelli Foundation, protagonista della creazione di un nuovo modello di scuola nelle zone terremotate d’Abruzzo, fondato sull’innovazione pedagogica e sullo sviluppo di programmi attraverso i linguaggi dell’arte, della musica e del digitale. “Per noi i bambini non sono vasi da riempire, ma fiamme da accendere” ha detto. Dopo il terremoto la Fondazione ha realizzato 5 scuole, accademie e hub educativi in 150 giorni sostituendosi di fatto alla Pa.
La seconda esperienza arriva invece dalla Fondazione Comunità Messina, il cui fondatore Gaetano Giunta ha raccontato il percorso che ha interessato la baraccopoli di Messina, dove vivevano 2mila famiglie e dove la Fondazione ha creato le basi per promuovere lo sviluppo umano, con vere e proprie politiche integrate, non attraverso piccoli interventi mirati. La Fondazione ha agito dapprima con fondi privati e poi affiancando la Pa su richiesta del Comune di Messina. Attraverso interventi su casa, socialità e lavoro, in poco tempo 650 persone hanno costruito un nuovo futuro, generando processi di redistribuzione della ricchezza. E le aree liberate dalla baraccopoli sono state trasformate in parchi.