Il desiderio come motore di innovazione

Si è tenuta oggi, presso il Cloud di Confcooperative in Piazza Duomo a Trento, la presentazione del libro scritto da Paolo Venturi, direttore di Aiccon, e Flaviano Zandonai, open innovation manager di CGM. Nel vocabolario etimologico, “desiderio” deriva da de-sidus, “mancanza di stelle”: è ciò che ci guida quando il cielo è coperto. La sfida, allora, è costruire contesti – materiali, organizzativi e culturali – che mantengano vivo il desiderio e ne riconoscano la forza trasformativa.
"Il desiderio – ha spiegato Venturi, stimolato dalle domande di Fabiola Di Loreto, direttrice generale di Confcooperative – rappresenta il motore generativo di ogni processo innovativo. Anche nei percorsi più avanzati di trasformazione sociale, dove strumenti, risorse e strategie non mancano, spesso è proprio il desiderio a fare difetto. È ciò che muove le scelte, guida i rischi, orienta le decisioni". Oggi, in un contesto dominato dalla paura e dall’incertezza, il rischio più grande è spegnere il desiderio, mortificarlo. Eppure, per decidere e agire serve un criterio che va oltre la razionalità: serve una spinta interiore, un’aspirazione che dia senso al cambiamento.
"Il desiderio diventa realmente trasformativo quando è condiviso - ha aggiunto Zandonai -, quando si radica nelle comunità. Non si tratta di un’esperienza astratta: le comunità possono essere spazi reali, persino all’interno delle istituzioni, in cui il desiderio prende forma e si fa motore di cambiamento". Due le condizioni fondamentali: la prima è la presenza di luoghi fisici rigenerati, contesti materiali in cui le persone possano incontrarsi, immaginare insieme e coltivare l’arte del desiderare. La seconda riguarda le organizzazioni orientate al lavoro di comunità. In questo senso, cooperative e imprese sociali hanno investito nella creazione di ruoli e funzioni in grado di facilitare i desideri collettivi, dimostrando che il desiderio può essere promosso anche attraverso pratiche organizzative.
Ritrovare il movimento cooperativo come spazio di desiderio
"Per ritrovarlo – spiegano gli autori – bisogna tornare ad essere movimento cooperativo, riscoprendo una dimensione dinamica, non solo organizzativa o spaziale, ma ideale. Essere movimento implica condividere una direzione carica di significato. Quando l’azione cooperativa si riduce a mera routine, anche il desiderio si spegne".
Il movimento si legittima nella tensione verso ideali come la felicità, la giustizia e la dignità. È nel legame profondo tra bisogni e ideali che si manifesta il desiderio autentico: ogni bisogno custodisce in sé il desiderio di una vita migliore.
"Partecipare a riti, vivere esperienze culturali e collettive – concludono Venturi e Zandonai – può riaccendere quel desiderio. È l’esperienza di senso che attiva le persone, le rende capaci di immaginare, scegliere e trasformare. È questo il motore vitale che può rimettere in cammino il movimento cooperativo".