Imprese cooperative e codice della crisi, ecco cosa cambia
La Federazione ha organizzato un convegno con studiosi ed esperti di diritto commerciale per offrire una opportunità di aggiornamento rispetto a quella che è considerata una rivoluzione in ambito imprenditoriale. La nuova normativa introduce importanti indicatori per prevenire la crisi prima che si verifichi.
Mattarei: oggi non basta più la creatività delle singole imprese, è richiesta una capacità dei territori di fare sistema a livello orizzontale. Occorre cioè sviluppare una forte cooperazione tra associazioni di categoria, ente pubblico, banche locali e amministrazioni territoriali per evitare l’isolamento delle imprese.
È una vera e propria rivoluzione quella introdotta dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, specie per le aziende di piccola e media dimensione.
Al centro del ‘vecchio’ diritto fallimentare c’era infatti il concetto di insolvenza e quindi le misure per cercare di salvare l’impresa iniziavano ad attuarsi quando erano già evidenti i seri problemi di liquidità. Spesso troppo tardi.
Oggi, invece, l’attenzione del legislatore si sposta su un momento precedente all’insolvenza e, attraverso una serie di indicatori cerca di mettere in luce la crisi prima che si verifichi, per prevenirla e risolverla positivamente. L’imprenditore dal canto suo dovrà adottare un approccio di analisi in prospettiva per capire se l’impresa riuscirà a far fronte alle sue obbligazioni.
Per illustrare queste novità, la Federazione ha organizzato un convegno dal titolo 'Imprese Cooperative e Codice della Crisi - Luci, Ombre e Opportunità della Riforma', poiché questa rivoluzione del diritto concorsuale impone un ripensamento delle stesse modalità organizzative e funzionali dell’impresa.
“La questione fondamentale – ha detto in apertura la presidente della Federazione Marina Mattarei - per tutti noi e soprattutto per la Federazione è riuscire ad aiutare le nostre cooperative a non entrare in crisi. Oggi la competizione globale richiede una capacità dei territori di fare sistema a livello orizzontale. La creatività delle piccole imprese non è più sufficiente, va accompagnata. Occorre cioè sviluppare una forte cooperazione tra associazioni di categoria, ente pubblico, banche locali e amministrazioni territoriali per evitare l’isolamento delle imprese.
Se tutti questi soggetti – ha proseguito la presidente - saranno capaci di vivere l’appartenenza al proprio territorio come un’unica unità produttiva, allora la cooperazione territoriale potrà diventare competizione strutturale in grado di sostenere i limiti del localismo e quindi superare il problema della singola impresa nella sua solitudine”.
Durante il convegno sono emerse le luci di questo intervento legislativo, che cambia gli equilibri della cultura societaria, che dovrà aprirsi ad un approccio innovativo di gestione dell’impresa. Ma anche le ombre. Secondo gli esperti si tratta infatti di un intervento meritevole nelle intenzioni, che però potrebbe rivelarsi velleitario nei risultati.
“Le luci – ha affermato la prof.ssa Elisabetta Pederzini, docente dell’Università di Trento – sono l’occasione per le imprese di migliorare la gestione e l’organizzazione in funzione della creazione di valore e la sostenibilità nel tempo. Le ombre hanno a che fare con un cambio di passo che esige un tempo di adeguamento e acclimatamento, di comprensione. Ed è per questo che solo tra qualche anno potremo capire se questa riforma ambiziosa sarà portata a compimento, con la collaborazione di tutti”.
Ed ecco quindi che la Federazione stessa, per il suo ruolo di servizio e di tutela nei confronti delle cooperative socie, può fornire quel sistema integrato di competenze trasversali necessarie per fornire gli strumenti in grado di leggere con anticipo le possibili difficoltà delle imprese e aiutarle ad intervenire con i giusti mezzi.
“In generale la situazione delle cooperative trentine è buona – ha affermato il responsabile dell’area Servizi integrati della Federazione Giuliano Bernardi – ma occorre dire che le situazioni di crisi vanno affrontate molto prima dell’insorgenza degli indici di allerta, e questo si può fare con una adeguata attività di monitoraggio e di controllo”.
Come ha sottolineato nel suo intervento Alessandro Ceschi, direttore della Federazione, le finalità della riforma sono coerenti con l’agire cooperativo: il fulcro è la salvaguardia degli interessi dei soci garantendo la loro stessa continuità d’impresa, dei creditori sociali e dei terzi a non subire compressioni o pregiudizi dei diritti fondamentali. Una fotografia realizzata da un team di esperti multidisciplinare risulta dunque importante per fornire al Consiglio di amministrazione e alla direzione delle cooperative un quadro dei punti forti e insieme dei potenziali rischi: un punto di partenza per poi volgere lo sguardo al futuro dell’impresa.
Il tutto nella consapevolezza che la riforma non offre un modello unico e univoco per la costruzione degli indici e che quindi chi aiuterà le imprese a leggere la propria capacità di tenuta nel tempo dovrà di fatto confezionare ‘abiti sartoriali’ attorno alle singole realtà, seguendo il profilo delle loro specifiche caratteristiche.